Ti racconto la mia musica – Prima puntata

Non so quanto sarà lungo questo scritto, e soprattutto non so dove andrò a finire: da tempo però l’argomento mi solletica la voglia di scrivere. Come una macchina a lungo inutilizzata, c’è voluta una bella ripulita ma poi, cigolando e scoppiettando, mi sono rimessa in moto. Il via me l’ha dato un amico cosiddetto “virtuale”, un ragazzo dell’età di mio figlio minore: eppure in lui rivedo chiaramente il mio rapporto con la musica fin dalla più tenera età. Ciao Gabriele: ti dedico la mia rinnovata voglia di scrivere.

Il mio primo ricordo non riguarda la musica, ma una cara vecchietta che si chiamava Jole e che veniva dalla Francia, abitava sopra la cartoleria di mio zio: mi metteva a sedere su un cuscino i cui disegni ho ancora impressi nella memoria, e mi dava l’uovo dopo averlo sbattuto con uno stantuffo in un recipiente di alluminio dalla forma tubolare. Quelli che c’erano (ormai sono rimasti in pochi) dicevano tutti che non posso ricordare, ero troppo piccola, ma non riesco a far finta di aver dimenticato.

Quando ho incontrato la Musica invece avevo poco meno di quattro anni, e sono rimaste ferme in me le sensazioni e le immagini più importanti: pensare che era quello il momento in cui la mia vita prendeva la sua strada, ma ne sarebbe passato di tempo prima che lo capissi!

La mia storia inizia quando la mamma torna a casa con una figlia in grembo dopo un matrimonio sbagliato, e trova asilo a casa della nonna, in una camera umida che gonfiava i mobili. Ero lì quella sera: ricordo la luce fioca della lampadina (era il 1952…), e un suono sconosciuto ma meraviglioso che veniva da fuori; la mamma non era con me, sicuramente affaccendata in altre stanze, la televisione di là da venire…

Non so se misi qualcosa sulle spalle o se andai in camicia da notte, fatto sta che fui trasportata come per magia dal flusso di quelle note in una stanza enorme e buia della palestra semidistrutta dalla guerra, di fronte alla casa di nonna. In fondo un rettangolo di luce: mi avvicino, spingo la porta pian piano e… mi investe una luce abbagliante: la luce, sì, la luce degli ottoni fu il mio primo incontro con la Musica.

Gli occhi già grandi divennero smisurati, la bocca spalancata… ero senza fiato. Il maestro Falorni, con il suo caratteristico basco blu messo per traverso, mi prese sulle ginocchia e continuò a dirigere la gloriosa Filarmonica “Volere è potere”.

Non so come mi ritrovarono mamma e nonna, ma so per certo che il maestro raccomandò loro di non sgridarmi, anzi, “fatela studiare musica questa bambina: si vede che c’è portata”.

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